Cura paura del conflitto Terni

Dottor Fabrizio De Angelis

Anche se simile in apparenza, la paura del conflitto si differenzia in maniera sostanziale da quella dell’impopolarità. Se nel secondo caso infatti, le persone evitano i contraddittori per paura di perdere il consenso, nel primo l’accento è prevalentemente sulla paura di non saper gestire emotivamente il conflitto di per sé.

La paura può essere quella di essere travolti dall’aggressività dell’altro o, al contrario, di perdere il controllo delle proprie reazioni ed eccedere. Talvolta il timore è quello di ferire l’altro e di produrre effetti negativi sulla relazione, fino al punto di rovinarla irrimediabilmente. Se si analizza la storia di chi soffre di questa paura, troviamo spesso due situazioni opposte: in alcuni casi si tratta di persone che sono cresciute in contesti familiari o sociali molto conflittuali, con frequenti litigi in famiglia o con uno dei due genitori molto aggressivo.

Come in una sorta di intossicazione, per loro il conflitto è talmente velenoso che tendono ad evitarlo il più possibile, pena l’overdose. All’opposto, troviamo persone che sono cresciute in contesti talmente armonici, o in cui il conflitto era considerato inadeguato e quindi bandito, che non hanno mai imparato a gestirlo. L’assenza di contatto con la tossicità del conflitto ha impedito loro di sviluppare gli anticorpi necessari ad affrontarlo. Ma il risultato è simile al precedente: lo devono evitare il più possibile altrimenti si avvelenano.

Un aspetto interessante che caratterizza la paura del conflitto rispetto ad altre è che questa, talvolta, non è immediatamente percepita da chi la viva, ma è nascosta sotto dichiarazioni di tipo valoriale o ideologico. In questi casi il copione si struttura gradatamente. In una prima fase, la persona percepisce chiaramente che è la pressione della paura a indurla in tutti i modi ad evitare il conflitto.

Per non affrontarlo, è “costretto” a sviluppare notevoli abilità comunicative e relazionali che, a poco a poco, in virtù del loro essere reiterate nel tempo, diventano spontanee. In questa seconda fase, le modalità “morbide” di fronte al rischio di conflitto scattano in maniera automatica, nella maggior parte dei casi senza che chi la vive percepisca in sottofondo la paura originaria. E può avvenire che, come punto di arrivo a questo sofisticato processo di autoinganno, la persona finisca per convincersi che l’evitamento del conflitto è una scelta, dettata da valori personali, e non il frutto dell’incapacità di gestire la paura originaria. “Bisogna sempre mediare”, “i collaboratori devono fare le cose perché sono convinti, non perché gliele chiede il capo”, “il conflitto è sempre sbagliato”, sono fra le motivazioni più frequenti che le persone forniscono per sostenere il copione da “morbidi a tutti i costi”, anche quando la situazione richiederebbe invece di sapersi indurire.

Non deve quindi sorprendere che la paura del conflitto sia spesso presente in persone di successo, imprenditori e manager, che hanno fatto di questo limite una risorsa. Dotati di grandi qualità comunicative, ottimi mediatori, queste persone piacciono e fanno carriera anche in virtù di questa caratteristica decisamente desiderabile. Ma in un perverso paradosso, quanto più il loro essere “morbidi” contribuisce al loro successo, tanto più, prima o poi, la vita li porrà davanti alla necessità di indurirsi. Come la carrozza di Cenerentola che a mezzanotte torna a essere zucca, la risorsa torna a essere un limite e il nostro manager finisce per aver bisogno di aiuto.

Per queste ragioni, la paura del conflitto è una delle più frequenti alla base delle richieste di interventi di coaching. Le tentate soluzioni tipiche di chi soffre di questa paura sono:

  1. a) Evitare qualunque rischio di conflitto e il contraddittorio in generale: quando la paura è intensa, si traduce nella tendenza ad assecondare le richieste degli altri e all’incapacità di dire no, dando vita a un copione simile a quello della prostituzione relazionale. In certi casi, l’evitamento porta la persona a subire così tanto che alla fine esplode, passando così dalla parte del torto. Questo meccanismo perverso finisce così per confermarle la propria incapacità nel gestire conflitti e a incrementare ancora di più la tendenza all’evitamento.
  2. b) Chiedere ma sempre in maniera morbida: la persona ha difficoltà a prendere posizioni dure ed è incapace di creare qualsiasi tipo di simmetria relazionale. Di fronte ai “no” degli altri ripiega e si impegna a trovare modi alternativi per raggiungere i propri obiettivi.
  3. c) Creazione di relazioni paritarie: in ambito lavorativo, la persona non è in grado di far valere la propria posizione gerarchica e tende a strutturare relazioni paritarie di tipo amicale. (Milanese 2020).

Soluzioni

Grazie ad un protocollo specifico di trattamento messo a punto dal Professor Nardone e dai suoi collaboratori, le persone che presentano questo tipo di problematica, vengono aiutate in tempi brevi a liberarsi da questa paura ed essere in grado di sostenere con successo il conflitto.

Parafrasando Seneca: “Chi domanda con timore insegna a rifiutare”

Richiedi informazioni


psicoterapeuta ufficiale cts

Chiamami

Scrivimi

WhatsApp